Il 1800

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Il 1800

Quando un castagno era troppo vecchio per produrre castagne, veniva tagliato e il legno veniva utilizzato dai falegnami e dai carpentieri. Se la pianta invece si trovava in uno sta ...

Quando un castagno era troppo vecchio per produrre castagne, veniva tagliato e il legno veniva utilizzato dai falegnami e dai carpentieri. Se la pianta invece si trovava in uno stato di deperimento, allora quel poco legno buono che si poteva recuperare veniva utilizzato per la costruzione di zoccoli. Il castagno diveniva allora l’albero degli zoccoli, come ci spiega l’estimo catastale: “I legni deperienti non essendo atti a lavori, si ritengono ad uso de zocoli”. Zoccoli e dalmere erano le scarpe abituali dell’800 e probabilmente anche dei secoli precedenti. Gli zoccoli di castagno erano robusti, lavabili e soprattutto resistenti ai diversi agenti atmosferici. Il legno per la lavorazione non doveva essere troppo tenere né tanto vecchio da superare i due secoli di vita. Infatti la durata media della vita di una pianta di castagno era calcolata attorno ai 200 anni, anche se alcuno sopravvivono oltre i 300 anni. Le piante ormai vecchie o in deperimento venivano abbattute. Non era invece praticata la piantumazione di castagni, in quanto le pianticelle crescevano da sole dal terreno dalle vecchie castagne cadute e ricoperte dai ricci e dal fogliame. La spontaneità era forse la caratteristica maggiore del castagno, il quale, si legge negli atti austriaci, oltre a non aver bisogno della piantagione, “non ha nemmeno bissogno della cura dell’uomo per quanto riguarda la concimazione”. E’ una pianta molto redditizia, anche se occorre aspettare un certo numero di anni, una trentina almeno, prima che cominci a dare un certo reddito. L’albero non presenta di solito ostacoli alla sua crescita. Mediamente un castagno riusciva a produrre per una durata di 150 anni, con annate più o meno abbondanti secondo il clima. E’ dunque ritenuto agli inizi dell’ 800 una pianta ad alto reddito, sia e soprattutto per la produzione di castagne, sia per l’abbondanza di fogliame che verrà utilizzato per lo “sternizio” e sia infine per la legna ad uso artigianale e combustibile. La combinazione di tutti questi elementi ci fa ritenere che il bosco, ma il castagno in particolare rappresentava una fonte di vita della quale non poteva fare a meno il villico del secolo scorso. La castanicoltura continuò anche con l’avvio del nuovo Regno d’Italia. Alla fine dell’800 possiamo confermare una crescita lenta, ma progressiva della produzione. Infatti nel 1884 la produzione totale di castagni per tutta la provincia di Treviso era di quintali 16177 su una superficie a castagni di 30 Il ettari. La superficie del Distretto di Asolo, alla quale appartenevano tutti i comuni della pedemontana, esclusa Pederobba, produceva 7227 quintali, con una superficie di 1151 ettari. Il Distretto di Montebelluna, in cui era inserito Pederobba, produceva 2750 quintali con una superficie di 517 ettari.. Il comune di Pederobba produceva 1050 quintali su una superficie di 180 ettari di bosco castanile. Le superfici adibite a castagni nei comuni vicini, ed espresse in ettari, erano le seguenti: Asolo 40, Borso 40, Castelcucco 105, Cavaso 116, Crespano 200, Fonte 60, Maser 40, Monfumo 100, Paderno del Grappa 100. Possagno 300, S.Zenone 50, Miane 190. Pederobba aveva una discreta superficie, inferiore solo a Possagno e Crespano, ma maggior produzione. I valori si avvicinano molto a quelli di Combai e Miane, dove la superficie a castagni era di 190 ettari (10 in più di Pederobba), con una produzione di 1000 quintali. Due grandi ostacoli conobbe la castanicoltura nel ‘900: la grande guerra, che interessò proprio la zona de Montello e del Grappa, distruggerido numerose piante di castagno, e il cancro corticale. Segnalata per la prima volta in Italia nel 1938, in Liguria, questa fitopatia, provocata dal fungo ascomicete Endothia parasitica, si diffuse ben presto in tutto il territorio nazionale, causando un rapido ridimensionamento dei castagneti esistenti. La sua recrudescenza fu talmente rapida e letale da far ritenere imminente a molti studiosi la definitiva scomparsa del castagno dal continente europeo. Ma accanto a ciò, anche il rapido mutamento sociale ed economico cui i paesi industrializzati andarono incontro negli anni del dopoguerra determinò non pochi problemi alle aree montane ed ai loro boschi e, di conseguenza anche al castagno. L’imponente esodo delle aree marginali e montane verso le più ricche pianure industrializzate, l’abbandono dell’attività agricola da parte dei giovani ed il conseguente progressivo invecchiamento della popolazione ad essa dedita, l’alto costo della manodopera necessaria per il mantenimento e lo sfruttamento razionale dei boschi e, nello stesso tempo, il basso valore dei prodotti da esso ricavati: sono tutti aspetti che contribuirono in modo massiccio a quella crisi economica e sociale che investì le montagne italiane e che ancor oggi non sembra abbandonarle. Non si discosta certo da questo scenario neanche la più recente storia della pedemontana del Grappa.

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