Gli inizi – 1300

La presenza di castagni nel territorio pedemontano del Grappa, del Monfenera in particolare e dell’area circostante è attestata fin dal 1300 da preziosi documenti. Uno di questi elenca i diversi possedimenti di Gualpertino d’Onigo. Nella lunga lista delle sue proprietà rientrano anche dei boschi di castagni “nemore castanearum, jacente in dicto teratorio Volnici, et potest esse circha tria jugera terre… et de una pecia nemoris castanearum, jacente in teratorio Volnici”. Sono boschi di castagni che coprono un’area di tre campi, (1 jugero = 5205 mq.) collocati nella zona Boschi d’Onigo, ancor oggi contraddistinta da diverse piante di castagni. Se erano già produttivi nel 1300 e così diffusi, è verosimile che la loro piantagione e la loro coltivazione fosse già avviata attorno all’XI – XII secolo. Un altro documento del 1351 illustra i provvedimenti presi dall’assemblea dei capifamiglia sull’uso dei boschi e sulla raccolta di castagne del monte Pecolato, che si trova sulla dorsale meridionale del Monfenera, proprio per prevenire contese o liti violente. Il testo ci offre una serie di informazioni sull’utilizzo del bosco, che vanno dalla regolazione del taglio della legna al divieto di far carbone. Si tratta di un vero e proprio Statuto pubblico che regola la raccolta delle castagne e la fruizione del bosco in generale. E’ interessante scoprire per esempio che solo dopo la festa di Ognissanti era permesso pascolare con i maiali nei boschi di castagni, allorché i grossi marroni erano ormai stati raccolti. Se qualcuno non rispettava i termini stabiliti doveva pagare un’ammenda di…

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La Repubblica di Venezia

La Repubblica Veneta istituì nei 1464 il “Magistrato dei Provveditori sopra le legne e i boschi” attraverso il quale vennero emanate leggi che dichiaravano i boschi e i beni comunali inalienabili e indivisibili. Per tenere sotto controllo la realtà boschiva vennero redatti nel corso di alcuni secoli ad opera della Repubblica diversi Catasti dei boschi che interessarono anche il massiccio del Grappa, la zona del Monfenera, il bosco del Montello. Tra i più importanti ricordiamo il Catasto Surian del 1569, il Catastico Asolano del Giustiniani del 1568, e quello di Antonio Molin del 1672/73. L’attenzione ai boschi di castagni si mantiene costante lungo i secoli. Ce ne danno prova le fonti notarili che sedimentano lungo gli anni le denunce, i processi, le richieste e le suppliche degli uomini del Comune o del Vicinato per tutelare i castagni e il bosco in generale. Un esempio inedito lo abbiamo preso da un notaio di casa, Giuseppe Ghirlanda, che ha operato nel nostro territorio a cavallo fra ‘600 e ‘700. Gli uomini del vicinato, guidati dai rispettivi meriga si presentano dal notaio affinché scriva una lettera all’Avogador di Venezia sugli abusi che vengono compiuti nei boschi di castagni di Pederobba. Sono due gli oggetti della denuncia: innanzitutto si lamenta il taglio e lo sradicamento abusivo dei castagni per ricavarne legna, compromettendo così la produzione di castagne. In secondo luogo viene registrata la presenza di animali da pascolo fuori stagione o comunque non entro i tempi stabiliti dagli Statuti delle Regole.

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L’Impero degli Asburgo

Con la fine della Repubblica veneta (1797) e la cessione del Veneto all’ Austria da parte di Napoleone, comincia un periodo politicamente nuovo per le genti e il territorio della Pedemontana del Grappa e del Montello. Nella scena politica delle Venezie si affaccia l’Austria, l’impero degli Asburgo, che non mancò a far vedere il suo efficiente sistema organizzativo. L’amministrazione austriaca curò con serietà e precisione il patrimonio agricolo e boschivo, già tutelato dalla Repubblica Veneta, lasciandoci in eredità una buona cultura agraria. E’ proprio con il governo austriaco che va compilato un Catasto generale riguardante i territori del Veneto, che ci consente di ricostruire il quadro agricolo e boschivo del Monfenera. Il Catasto, oltre a comprendere le mappe territoriali, fa un lungo e interessante censimento sui prodotti dell’agricoltura locale. Il colle è coltivato a vigneti, ma soprattutto è coperto di boschi cedui misti e di castagni fruttiferi. Il catasto si preoccupava anche di precisare l’esposizione (quasi tutta a mezzogiorno) e il clima del territorio. Il clima registrato sul Monfenera per esempio è “temperato verso ponente”, poiché lontano dai venti dei fiume Piave; verso levante invece il clima è più rigido “non godendo del riparo dei monti”. Dal Catasto austriaco si può capire come il monte non sia mai stato abbandonato a scapito della pianura sottostante, anzi vi sia stata un’integrazione reciproca tra collina e vallata. Granoturco, vino, foglie da gelso, fieno, frutta, castagne e legna da fuoco: sono questi i prodotti agrari principali che il territorio pedemontano produce sotto il…

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Il 1800

Quando un castagno era troppo vecchio per produrre castagne, veniva tagliato e il legno veniva utilizzato dai falegnami e dai carpentieri. Se la pianta invece si trovava in uno stato di deperimento, allora quel poco legno buono che si poteva recuperare veniva utilizzato per la costruzione di zoccoli. Il castagno diveniva allora l’albero degli zoccoli, come ci spiega l’estimo catastale: “I legni deperienti non essendo atti a lavori, si ritengono ad uso de zocoli”. Zoccoli e dalmere erano le scarpe abituali dell’800 e probabilmente anche dei secoli precedenti. Gli zoccoli di castagno erano robusti, lavabili e soprattutto resistenti ai diversi agenti atmosferici. Il legno per la lavorazione non doveva essere troppo tenere né tanto vecchio da superare i due secoli di vita. Infatti la durata media della vita di una pianta di castagno era calcolata attorno ai 200 anni, anche se alcuno sopravvivono oltre i 300 anni. Le piante ormai vecchie o in deperimento venivano abbattute. Non era invece praticata la piantumazione di castagni, in quanto le pianticelle crescevano da sole dal terreno dalle vecchie castagne cadute e ricoperte dai ricci e dal fogliame. La spontaneità era forse la caratteristica maggiore del castagno, il quale, si legge negli atti austriaci, oltre a non aver bisogno della piantagione, “non ha nemmeno bissogno della cura dell’uomo per quanto riguarda la concimazione”. E’ una pianta molto redditizia, anche se occorre aspettare un certo numero di anni, una trentina almeno, prima che cominci a dare un certo reddito. L’albero non presenta di solito ostacoli…

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I giorni nostri

Attualmente, però, molte cause che portarono all’abbandono della castanicoltura da frutto sembrano essere scemate. Superato un periodo difficile che la vedeva sostanzialmente ricoprire lo scomodo ruolo di “cibo dei poveri”, la castagna sta oggi vivendo una fase di rivalutazione come ben pochi altri frutti e sta riacquistando a poco a poco quella posizione di prestigio che, per valore nutritivo e gustosità, giustamente le compete. Si assiste così, anche nel Monfenera, all’opera di recupero e di rilancio della castanicoltura, opera che trova giustificazione nella qualità del prodotto. Nascono così nella zona prima l’Associazione Produttori dei Marroni del Monfenera e in seguito l’Associazione Castanicoltori della Comunità Montana del Grappa che patrocinano i lavori di miglioramento dei castagneti realizzati grazie ai finanziamenti previsti dalla legge Regionale 52/78 e dalle attività sperimentali dell’ESAV, sotto il controllo della Comunità Montana del Grappa ed il Servizio Forestale Regionale. Un successivo finanziamento elargito dalla Provincia di Treviso fino al 2008 che copriva il 50% delle spese di potatura e l’innesto gratuito a carico del Servizio Forestale Regionale di 500 nuovi castagni ogni anno hanno portato la castanicoltura della zona a un livello tale che nel 2009 ha ottenuto il riconoscimento Europeo IGP per il Marrone del Monfenera. I 130 produttori delle zone del Grappa, Monfenera e Montello riuniti nel 2000 nell’Associazione Produttori Marroni della Marca Trevigiana dal 2007 hanno a disposizione un fabbricato, in zona industriale del Comune di Pederobba, utilizzato per il conferimento, curatura e confezionamento del prodotto che viene in parte commercializzato direttamente dall’Associazione durante…

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a cura di Agostino Vendramin e Negro Claudio

Bibliografia:

  • “I Marroni del Monfenera” — Agostino Vendramin — Segusino 1997
  • “Il Castagno da frutto. Analisi delle situazioni e delle prospettive nel Comune di Pederobba “ di Maria Faggionato, tesi di laurea in scienze agrarie, Padova A.A. 1983-84.
  • “Le castagne a Cavaso attraverso la documentazione storica” Gabriele Farronato Romano d’Ezzelino, Dicembre 2000.