L’Impero degli Asburgo

0 Share

L’Impero degli Asburgo

Con la fine della Repubblica veneta (1797) e la cessione del Veneto all’ Austria da parte di Napoleone, comincia un periodo politicamente nuovo per le genti e il territorio della P ...

Con la fine della Repubblica veneta (1797) e la cessione del Veneto all’ Austria da parte di Napoleone, comincia un periodo politicamente nuovo per le genti e il territorio della Pedemontana del Grappa e del Montello. Nella scena politica delle Venezie si affaccia l’Austria, l’impero degli Asburgo, che non mancò a far vedere il suo efficiente sistema organizzativo. L’amministrazione austriaca curò con serietà e precisione il patrimonio agricolo e boschivo, già tutelato dalla Repubblica Veneta, lasciandoci in eredità una buona cultura agraria. E’ proprio con il governo austriaco che va compilato un Catasto generale riguardante i territori del Veneto, che ci consente di ricostruire il quadro agricolo e boschivo del Monfenera. Il Catasto, oltre a comprendere le mappe territoriali, fa un lungo e interessante censimento sui prodotti dell’agricoltura locale. Il colle è coltivato a vigneti, ma soprattutto è coperto di boschi cedui misti e di castagni fruttiferi. Il catasto si preoccupava anche di precisare l’esposizione (quasi tutta a mezzogiorno) e il clima del territorio. Il clima registrato sul Monfenera per esempio è “temperato verso ponente”, poiché lontano dai venti dei fiume Piave; verso levante invece il clima è più rigido “non godendo del riparo dei monti”. Dal Catasto austriaco si può capire come il monte non sia mai stato abbandonato a scapito della pianura sottostante, anzi vi sia stata un’integrazione reciproca tra collina e vallata. Granoturco, vino, foglie da gelso, fieno, frutta, castagne e legna da fuoco: sono questi i prodotti agrari principali che il territorio pedemontano produce sotto il dominio austriaco. Notevole anche la produzione di castagne, che non venivano però consumate come caldarroste, ma venivano usate come integrazione dell’alimentazione base, costituita dalla farina di mais (la polenta). Infatti “il granturco si consuma in comune, ma questo non è sufficiente al mantenimento degli abitanti, per cui si converte in questo genere il ritratto delle castagne’. Le castagne cioè vengono utilizzate per la produzione di farina, venendo a costituire l’alimentazione base della gente locale, il pane dei poveri, come per molto tempo è stata chiamata la castagna. E’ grazie alla farina delle castagne che la popolazione è riuscita a far fronte ai periodi di carestia. Le castagne che non venivano “convertite” venivano commerciate nel vicino mercato di Montebelluna e ciò significa che non erano proprio di mediocre qualità. Le castagne erano misurate a sacchi. Ogni sacco si divideva in quattro quarte, ognuna delle quali si divideva in quattro quartieri e ciascuno dì questi a sua volta si divideva in quattro mine le. In un sacco c’erano dunque 64 minele di castagne. Nel rapporto preparatorio al Catasto austriaco si viene a sapere che i castagni erano quasi tutti di fusto grosso e di mediocre ramificazione, quindi di vecchia data. La precisione austriaca segnalava anche la densità dei castagni: mediamente nelle zone meno popolate vi erano 30 castagni per campo, mentre nelle aree più intensive le piante erano circa 50 per campo, senza contare i castagni giovani o quelli in deperimento. Quanto producevano i castagni? Difficile dirlo, perché dipendeva dal clima delle diverse annate. Intanto bisogna precisare che le castagne provenienti dal colle erano di miglior qualità rispetto a quelle che si raccoglievano sul monte, soprattutto perché risentivano di un clima più temperato. Nelle zone di maggior produzione 100 castagni, compresi i più giovani, gli adulti e i vecchi, potevano dare 10 sacchi di castagne; mentre nelle zone meno produttive si raccoglievano mediamente 6 sacchi di castagne ogni 100 piante. Poiché ogni campo conteneva mediamente 50 castagni, si deve concludere che la produzione era di 5 sacchi per campo nel caso migliore.